giovedì 26 maggio 2016

La mela, racconto breve


Se penso che stavo per diventare come Lui, anche se tanto diverso non sono, beh… Però quel giorno mi si sono appesantite le gambe, la terra è diventata dura, l’aria pesante e gli animali aggressivi. Possibile? Io, proprio io, se aveva fatto tutto Lui. Gliene ho dette di tutti i colori, è servito? Certo, nel Giardino avevo tutto quello che volevo, e poi c’era lei, bella, invitante, disponibile, era facile allora, bastava un battito di ciglia e giù a far l’amore. Ma proprio un uomo vero dovevo diventare? Ora anche lei, e tutte le altre lei, col cavolo che si fa l’amore. Ma fosse solo quello, devo fare i conti anche con i denti cariati, l’ernia del disco, la gastrite… e lei? Non la trovo da qualche millennio, persa in un mondo che è diventato grande. Che guaio la frutta. Si può anche dire che quella serpe ci ha imbrogliati. E Lui? Facile per Lui: “Non mangiatene” aveva detto con tono imperativo. Almeno avesse detto perché, col cavolo che spiegava le cose, Lui. Ubbidire bisognava, punto e basta. Una dittatura. E poi si diceva Onnipresente, ma proprio quel giorno, pensa, non c’era. Lo sai come ci ha trovati? Ci ha spiati da dietro una siepe quando eravamo a giocare con le foglie di fico, una cosa che si fa in coppia, niente di che. Insomma, se non fosse stato perché passava di lì, a noi due, vestiti di foglie, col cavolo che ci vedeva. E come si è arrabbiato, dovevate vederlo. Ce le ha cantate e suonate ben bene e, proprio da quel giorno, da quella stupida litigata, sono iniziati i miei supplizi. Tutto per colpa di quella stronza che si è messa a flirtare con un serpente. Mi dirai che nell’Eden, oltre noi due, e Lui, il serpente era l’unico in grado di parlare, come non dargli ascolto? E quando l’ho sorpresa a conversare con lui, beh, mi ha invitato al banchetto, “saremmo diventati come Dio”, diceva. E io, mi son detto: “si, vabbè, che cambia, per una mela, figurati” e giù un boccone, e giù un altro. Avrei dovuto prenderla a schiaffi, quella scema. Credevamo anche di averla fatta franca, ma lì, in quello spazio angusto, si veniva a sapere tutto, e poi, un Impiccione come Lui, insomma, ha scatenato un’iradiddio. Che scenata, ragazzi. Hai voglia a dirgli che non ero stato io, che era stata lei e che a lei l’aveva fatta Lui, che io non c’entravo niente e che per una mela non si combina tutto questo putiferio. Che modi! A sapere che Quello era permaloso e che Eva, che io neanche gli avevo chiesto di darmi, era una rammollita, mi tenevo la costola!
Claudio Fiorentini

Il racconto fa parte dell'antologia sui vizi capitali, pubblicata da Perrone, e racconta il peccato originale, o almeno una parte di esso: la superbia.

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