venerdì 27 maggio 2016

mercato della spiritualità

"In fondo, il valore spirituale dell'uomo d'oggi è superiore a quello dell'uomo di un tempo, proprio perché il materialismo oggi imperante gli impone, per potersi difendere, di dare fondo a tutte le proprie risorse, a tutta la propria luce interiore." Trovo molto interessante la conclusione di Franco Campegiani (tratta da un suo intervento ben più articolato su "la lettera morta e la parola vivente"), che condivido, e che mi stimola a fare una nuova riflessione.
Quando ero adolescente mi nutrivo di letture che avessero qualcosa di “spirituale”: libri di magia, vite di lama tibetani, Bagavad Gita, Il libro tibetano dei morti, Popul vuh, Mahabarata, i libri di Lobsang Rampa e via dicendo, fino a sconfinare nello sciamanismo (del resto abitavo in Messico ed ero molto vicino a certe pratiche) e poi nell'esoterismo. L’osservazione che faccio oggi, è che allora il mercato della “spiritualità” si stava trasformando per diventare quello che poi abbiamo conosciuto come “new age”, dove la spiritualità sconfinava nel “management” e nella ricerca di soluzioni pratiche ai problemi dell’anima. Oltre alla letteratura, anche la musica ha seguito quella strada, ad esempio: alcuni musicisti, partendo da melodie e canti dei pellerossa hanno prodotto dischi poco memorabili riducendo ciò che in origine era preghiera a prodotto di consumo. Questo mercato stride con il cammino spirituale che pretende di contenere, proprio perché mercato. Ma se questo mercato esiste, non è certo perché i produttori si divertono a proporre spiritualità da paccottiglia, ma perché c’è un’esigenza, perché i guru del marketing hanno visto quello che succede tra noi, esseri umani: i geni del marketing hanno capito quello che dice Campegiani ben prima di noi, e se da una parte l’uomo deve dar fondo alle risorse più intime per difendersi dal materialismo imperante, dall’altra questa esigenza è fonte di nuovo materialismo. Per questo il mercato è invaso da specchi per allodole che propongono cammini o percorsi “spirituali” che spesso poco si discostano da un ricettario gastronomico. L’uomo è una preda, il mercato è il predatore, e per difendersi da queste dinamiche, l'uomo deve dar fondo alle proprie risorse, che sono sempre più difficili da distinguere.
Claudio Fiorentini

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