L’epigono di Magellano è un gran libro. Iniziamo dal
linguaggio: compresso, pieno d’ironia, brillante, inaspettato e compresso, a
tratti anche fiabesco. Lo stile di Ubaldo De Robertis convince subito e serve
da esempio ai tanti scrittori che oggi cercano di farsi strada nell’affollato
mondo della narrativa contemporanea, ma serve anche da elisir di piacere per i
lettori che hanno dimenticato che oggi si può leggere qualcosa di diverso. L’autore
è un poeta, e si vede nelle descrizioni, nei dialoghi, nelle situazioni che
narra: “Lassù, oltre il crinale di ulivi,
l’assalto di rovi e cespugli. Le ombre penetrano il bosco, divorano i colori;
rimane l’odore del muschio asservito alle rocce, ai tronchi più vecchi e
cadenti…”. Questa qualità è mantenuta in tutte le pagine e l’opera vanta un
ritmo fortemente lirico e musicale. Anche nelle situazioni comiche, che non
sono poche.
L’originalità, tratto principale di quest’opera, sta nel
partire da una trama apparentemente insignificante, trasformando ogni minimo
evento in una fonte di arricchimento sia lirico che di pensiero. La trama,
comunque, a un certo punto esplode e si dipana come un filo di Arianna in un
labirinto, guidando il lettore verso la soluzione della stessa, che ci mette in
pace con quella parte di noi che borbotta, sbuffa, tentenna e brontola sempre.
In pace, direi, temporanea, perché quella parte rimane pur sempre un nodo
irrisolto di un uomo che si vuole irrisolto per essere in qualche modo
felicemente in pace con se stesso. Quindi essere in pace non porta la pace, semmai
soffoca il brontolio, che alla fine ci piace e ci permette di identificarci nel
personaggio che ci fa da specchio.
La narrazione è in prima persona. Il protagonista, Mike, un
ricercatore di fisica che si vuole scrittore, ha un gattone, Magellano, che
osserva il mondo dai suoi vispi occhietti, diventando alter ego del
protagonista, riuscendo là dove Mike fallisce, essendo migliore degli uomini in
generale. Comparte il loro spazio vitale Camilla, la correttrice di bozze, che
odia il gatto e che ha sempre una battuta acida pronta per partire come un
fendente verso il suo datore di manoscritti nonché padron di casa. Le donne del
romanzo, oltre Camilla, sono Margherita, amante dello scrittore, e Ottavia, donna
di mezza età esperta di astrologia. Altro personaggio chiave è Marco,
farmacista e amico per la pelle, ed è proprio con lui che si verificano le
situazioni più esilaranti. La trama ha un punto di svolta quando muore
Magellano, il gatto tricolore, grasso e saccente, e Mike, vedendosi costretto ad
affrontare la vita da solo, rimette a posto i tasselli del suo rompicapo,
grazie alla grandezza e alla saggezza delle sue amiche, donne, meravigliose
donne che hanno una marcia in più, e che per dimostrarlo non hanno bisogno di
superpoteri, ma di gesti minimi, di parole, di dignità.
Aleggia in tutto il libro Bulgakov, con il suo Il maestro e Margherita, che riesce a
riportare il lettore verso veri riferimenti letterari, non certo sceneggiati di
prima serata della TV. Troppi libri, infatti, oggi ricalcano ritmi e stilemi da
sceneggiatura, come se la nostra letteratura, invece di essere guida, fosse
trainata costantemente dalle tendenze della moda. L’autore dimostra che per
fare un buon libro, oggi, non è necessario emulare linguaggi cinematografici, e
grazie al suo stile e alla sua capacità descrittiva dell’animo umano, propone
un romanzo di grandissimo pregio, partendo da spunti di vita quotidiana e restituendoli
con cipiglio narrativo, preda di descrizioni poetiche, trasformandoli in grandi
cose. Si sa, del resto, le grandi cose, quando le fai, non sai cosa sono, e cominciano
piccole.
Claudio Fiorentini
Vale la pena di scrivere libri quando l'autore si accorge di essere stato perfettamente compreso e talvolta sopravanzato come avviene in questa stupenda accorta lettura eseguita da Claudio Fiorentini. Che ringrazio infinitamente.
RispondiEliminaUbaldo de Robertis